di Franco Ortolani
Vallo di Diano: dopo 15 anni si ripropone il conflitto
petrolio-risorse idriche
Premessa
Nel 1997 i cittadini del Vallo di
Diano si mobilitarono, in gran parte, quando si diffuse la notizia che un
gruppo di Società petrolifere aveva ottenuto il permesso di eseguire un pozzo
profondo esplorativo per verificare la presenza di giacimenti petroliferi ad
oltre 4000 m
di profondità. Erano state eseguite preliminarmente ricerche geologiche e
geofisiche che avevano consentito di individuare una struttura profonda potenzialmente
idonea come riserva di idrocarburi. La verifica della presenza dell’eventuale
giacimento doveva essere effettuata con il pozzo esplorativo chiamato S.
Michele 1, da ubicare nel Vallone Bersaglio nel Comune di Sala Consilina, nella
fascia pedemontana a sud est dell’abitato. Il progetto prevedeva, in caso di
rinvenimento di un giacimento di idrocarburi, l’esecuzione di una decina di
altri pozzi deviati utilizzando il cantiere del pozzo esplorativo.
La società petrolifera capofila aveva
già ottenuto tutti i permessi da parte ministeriale e regionale quando si
sollevò una accesa contestazione popolare con occupazione fisica dell’area di
accesso al Vallone Bersaglio. Il dibattito si sviluppò con il contributo di
consulenze giuridiche e amministrative in favore degli oppositori del progetto
che non scalfirono le intenzioni della società petrolifera che, forte delle
autorizzazioni ufficiali, intendeva iniziare a perforare il pozzo esplorativo.
Contattato e sollecitato
dal Dr. Geologo Antonio Petroccelli studiai le problematiche connesse alla
perforazione ed alla eventuale produzione di idrocarburi. Mi resi conto che vi
erano diversi problemi che non erano stati adeguatamente affrontati e risolti.
A questo punto mi fu chiesta una consulenza scientifica da parte della Comunità
Montana Vallo di Diano i cui risultati furono descritti nella relazione datata
ottobre 1997 dal titolo “principali problemi geo-ambientali che possono
essere connessi alla ricerca e produzione di idrocarburi nel territorio della
Comunità Montana - PERMESSO DI RICERCA PETROLIFERA S. ARSENIO - POZZO
ESPLORATIVO S. MICHELE 1”
di cui riporto sinteticamente gli
aspetti più significativi.
Sintesi dei dati
acquisiti
Come chiaramente
esplicitato dallo scrivente l’indagine fu espletata al fine di verificare con
assoluta imparzialità i reali problemi geoambientali connessi non solo alla
perforazione di un pozzo esplorativo ma anche alla eventuale successiva
produzione di idrocarburi in un'area caratterizzata dalla presenza di acquiferi
carbonatici superficiali di importanza strategica e altamente vulnerabili, da
elevata sismicità e da marcato rischio idrogeologico. Lo studio si basò su rilevamenti
diretti nella zona in cui doveva essere perforato il Pozzo S. Michele 1 e in
tutta l'area circostante ritenuta significativa per l'acquisizione di dati
utili per l'evidenziazione di eventuali problemi geoambientali fino ad allora non valutati o non valutati
adeguatamente.
Il lavoro dello
scrivente, pertanto, fu teso esclusivamente all'accertamento dell'impatto
ambientale delle ricerche petrolifere e
della eventuale produzione di idrocarburi attraverso gli acquiferi così come
prospettato dalla Texaco mettendo anche una particolare attenzione alla
valutazione della sicurezza degli impianti ubicati nel centro del Vallone
Bersaglio in un'area sottoposta a vincolo idrogeologico ma soprattutto a
rischio idrogeologico.
L’aspetto preoccupante
per la difesa delle risorse idriche apparve la ricerca petrolifera che mirava a
raggiungere le strutture carbonatiche profonde al di sotto, cioè, degli
acquiferi carbonatici.
Vari studi eseguiti nell'area del
Vallo di Diano hanno evidenziato l'importanza idrogeologica connessa
all'affioramento e alla struttura delle rocce carbonatiche che costituiscono
acquiferi di strategico valore dal momento che riforniscono varie sorgenti
perenni aventi portata complessiva di circa 5000 l/sec; grande rilevanza hanno
anche le falde ospitate nei sedimenti alluvionali, aventi spessori anche
superiori a 100 metri ,
che rappresentano il riempimento quaternario della depressione del Vallo di
Diano.
Lo studio sottolineò l'importanza che
hanno le acque sorgive e di falda per l'assetto socio-economico attuale del
Vallo di Diano e per le prospettive di sviluppo futuro.
Le acque sorgive del Vallo di Diano,
infatti, per la particolare struttura geologica evidenziata in Incoronato,
Nardi e Ortolani (1978), si trovano a quote superiori a 400 m s.l.m. ed hanno,
pertanto, una importanza strategica. Esse, inoltre, non possono essere
sostituite con altre acque. E' evidente che la loro utilizzazione,
conservazione e preservazione dall'inquinamento è alla base dell'assetto
socio-economico dell'intera area, attuale e futuro.
Nella relazione fu
sottolineata l’importanza delle acque sorgive del Vallo di Diano anche per la
progressiva diminuzione delle precipitazioni che caratterizzano l’attuale
periodo di cambiamento climatico.
Problemi geoambientali principali
I problemi geoambientali principali
connessi alla ricerca e produzione di idrocarburi nel territorio della Comunità
Montana erano essenzialmente due:
1 - rischio idrogeologico del sito in
cui era prevista la realizzazione del pozzo S. Michele 1;
2 - rischio sismico derivante da
effetti locali quali rotazioni di blocchi rocciosi di notevole spessore attorno
ad assi suborizzontali e spostamenti verticali relativi tra blocchi in
occasione di un eventuale sisma simile a quello del 1857.
Il sito in cui era prevista la
realizzazione del Pozzo S. Michele 1 è ubicato nel centro della valle
torrentizia denominata Vallone Bersaglio ed è sottoposto a vincolo
idrogeologico. La Texaco aveva richiesto lo svincolo idrogeologico dell'area
producendo uno studio con cui si proponeva di realizzare una sistemazione
idraulica in modo da deviare le eventuali acque di piena che avrebbero potuto incanalarsi
nella valle in seguito ad eventi pluviometrici eccezionali. Il rischio
idrogeologico connesso alla invasione di acqua in tal modo sarebbe stato eliminato.
L'indagine svolta dallo scrivente
evidenziò un problema, fino ad allora mai segnalato per il margine
nordorientale del Vallo di Diano, rappresentato dalle colate rapide di detriti
che nel secolo scorso hanno già interessato l'area di Padula.
Il problema geoambientale più grave
del sito non era rappresentato, pertanto, dalle piene idriche eccezionali ma
dal rischio di colate rapide di fango e detriti.
Il sito prescelto dalla Texaco per
realizzare il pozzo risultò ad alto rischio idrogeologico connesso al transito di
colate rapide di fango e detriti. Una eventuale colata rapida avrebbe potuto
distruggere istantaneamente gli impianti di perforazione mettendo in grave
pericolo anche la vita degli addetti ai lavori del pozzo esplorativo S. Michele
1. Una eventuale colata rapida potrebbe anche interessare il sito, qualora il
pozzo esplorativo rinvenga un giacimento, durante le successive fasi di
produzione di idrocarburi che potrebbero prolungarsi anche per alcune decine di
anni. I danni ambientali in tale caso sarebbero immediati per le falde idriche
all'interno delle rocce carbonatiche e detriti molto permeabili e ad elevata
vulnerabilità determinando un inquinamento di lunga durata.
Rischio sismico connesso ad effetti
locali
Va evidenziato che il Vallo di
Diano (specialmente la parte orientale)
è interessato da forte sismicità; l'ultimo violento sisma è quello del 1857 che
ebbe epicentro tra lo stesso Vallo di Diano, l'alta valle del Melandro e l'alta
Val d'Agri. Ricostruzioni di tale evento sono state fatte, tra le altre,
nell'Atlante del CNR-Progetto Finalizzato Geodinamica, 1985.
L’area epicentrale è stata quella
maggiormente sollecitata e danneggiata dal sisma; nella relazione si evidenziò
che la classificazione sismica allora vigente era errata e che la zona doveva
essere definitivamente classificata di elevata sismicità e non di media. In
sostanza, quindi, il riferimento alla media sismicità fatto nella relazione sul
rischio sismico dell'area del pozzo S. Michele 1 presentata dalla Texaco e a
firma di Scandone - Petrini non era di fatto corretto; il reale grado di
sismicità, almeno della parte orientale del Vallo di Diano era relativo alla elevata
sismicità e non alla media.
Nella relazione si evidenziò il ruolo
degli effetti locali in occasione di un forte sisma come quello del 1857; tali
aspetti erano stati ignorati negli studi della Texaco. Gli studi effettuati
dopo il sisma del 1980 avevano evidenziato che sulla superficie del suolo
nell'area maggiormente disastrata si sono verificate rotture dei terreni con
spostamento verticale delle parti (Westaway & Jackson, 1987; Pantosti et alii, 1993) come nell'area del Pantano di S. Gregorio
Magno, Piano delle Pecore nell'area di Monte Marzano-Monte Ogna, rotazioni di
grandi blocchi come nella valle del Fiume Ofanto dove fu registrata la
rotazione di tutta la diga sull’Ofanto di Conza della Campania solidalmente con
il substrato roccioso e con abbassamento
di circa 1 m
di un lato della valle (Cotecchia, 1986).
A parte l'interpretazione sul
significato di tali evidenti deformazioni della superficie del suolo, è
innegabile che esse si siano verificate. L'area interessata da tali
deformazioni è ampia circa 16 - 18
km e comprende la larghezza dell'area epicentrale
allungata secondo le faglie crostali che hanno originato il sisma.
In relazione all'ubicazione delle
faglie o della faglia crostale che ha originato il sisma del 1857 non si hanno
dati precisi. La parte orientale del Vallo di Diano, dove dovrebbe essere
perforato il pozzo S. Michele 1, si trova all'interno della fascia ampia circa
8 - 9 km
ad ovest e 8 - 9 km
ad est rispetto alla probabile struttura che potrebbe originare un eventuale
nuovo sisma in futuro. Non si può escludere, pertanto che un eventuale forte
sisma possa provocare la rotazione dei blocchi di roccia fino in superficie e
provocare rotture dei terreni con spostamenti verticali dei blocchi. Del resto
nessuna ricerca è stata espletata con scavi, trincee ecc. per verificare se in
passato si sono già verificati effetti di tale tipo anche nell'area del Vallo
di Diano.
Le ricerche effettuate dallo scrivente
nelle cave di detriti calcarei ubicate lungo i margini occidentali dei Monti
della Maddalena consentirono di individuare nella cava in cui è ubicata la
discarica dei rifiuti solidi urbani di Sala Consilina e ubicata poco a sud del
sito in cui è prevista la perforazione del pozzo S. Michele 1 evidenze di
movimenti tettonici recenti che interessano i detriti calcarei e alcuni
paleosuoli in essi intercalati.
In particolare sono evidenti le faglie
che interessano i sedimenti ubicati a circa 10-15 m di profondità dal piano
campagna e altre faglie che interessano sedimenti e paleosuoli recenti fino
quasi in superficie. Queste ultime faglie, rinvenute per la prima volta
nell'area del Vallo di Diano in occasione della presente indagine e non note ai
consulenti Texaco, potrebbero essersi verificate anche durante il periodo
storico ed essere connesse, quindi, all'attività sismica recente ed attuale.
I dati sopra esposti confermano le
previsioni che il margine occidentale dei monti della Maddalena può essere
interessato da rotazione di blocchi attorno ad assi suborizzontali e da
spostamenti verticali relativi tra blocchi durante i forti eventi sismici che
hanno interessato e che, purtroppo, potrebbero interessare l'area in futuro.
Le rotture con spostamenti verticali
dei blocchi e la rotazione degli stessi blocchi rocciosi aventi spessore di
centinaia di metri potrebbero provocare danni o rotture delle tubazioni infisse
nel sottosuolo. Se attraverso tali tubazioni stanno risalendo idrocarburi si
possono avere dispersioni nel sottosuolo e in superficie con immaginabili danni
ambientali e danni alle falde idriche.
Dal momento che si può dire solo che
l'area è sismicamente attiva e che molto probabilmente in futuro si avranno
altri sismi ma non si può prevedere quando questi possano avvenire, si deduce
che è meglio evitare di realizzare impianti di produzione di idrocarburi che
persistano sul territorio a rischio per alcuni decenni e che siano
caratterizzati dalla risalita di fluidi profondi attraverso gli acquiferi
carbonatici superficiali.
Lo studio evidenziò come
le falde di acqua potabile siano sovrapposte al probabile giacimento;
l'eventuale estrazione di idrocarburi, come programmato dalla Texaco,
avverrebbe attraverso la falda mediante numerosi pozzi di produzione che
verrebbero realizzati dalla stessa postazione del pozzo esplorativo S. Michele
1.
La figura 37 schematizza
i probabili problemi che possono verificarsi in fase di produzione in seguito
ad un non escludibile indidente in superficie o in seguito ai danni che le
tubazioni possono avere per effetto di un forte sisma simile a quello
verificatosi nel 1857.
Il pericolo reale è
connesso alla eventuale estrazione degli idrocarburi attraverso gli acquiferi
altamente permeabili e attraverso le falde strategiche per l'assetto
socio-economico della Campania.
Non
si può certamente escludere che possa avvenire un incidente durante la
produzione con fuoriuscita di idrocarburi in superficie sugli acquiferi e nel
sottosuolo nelle falde.
Conclusioni
L'indagine svolta dallo
scrivente in assoluta autonomia culturale e professionale senza alcuna
forzatura da parte del Committente evidenziò alcuni importanti aspetti
geoambientali dell'area interessata dalle ricerche petrolifere sul versante
destro orografico del fiume Tanagro che finora non sono emersi dai vari
contributi forniti dalla Texaco, dai suoi consulenti e dai consulenti delle
Istituzioni locali.
L'indagine condotta fornì
i seguenti nuovi elementi alla Comunità Montana e a tutte le Istituzioni
interessate all'armonico uso delle risorse naturali e allo sviluppo
socio-economico del territorio:
1
- Il sito in cui doveva
essere realizzato il pozzo S. Michele 1, nel centro del Vallone Bersaglio,
presenta un rischio idrogeologico per colate rapide di fango e detriti.
Le opere di sistemazione
idraulica del vallone previste dalla Texaco non servivano a scongiurare il
rischio connesso al passaggio rapido e messa in posto di migliaia di metri cubi
di detriti qualora dai versanti a monte si fossero innescate colate rapide di fango
e detriti. L'area del cantiere sarebbe stata inesorabilmente sconvolta con
grave pericolo per la vita degli addetti al lavoro.
Il rischio ambientale
sarebbe ancora più grave se un eventuale evento franoso del tipo sopra
descritto si verificasse durante le fasi di produzione di idrocarburi con
conseguente irrimediabile inquinamento delle falde idriche.
2
- Il sito in cui doveva
essere realizzato il Pozzo S. Michele 1, così come tutti i Monti della
Maddalena ubicati in destra orografica del fiume Tanagro, si trova nella fascia
a più elevato rischio sismico qualora si verifichi un evento sismico simile a
quello del 1857; il rischio è connesso alla probabile rotazione di blocchi
rocciosi lungo assi suborizzontali e allo spostamento verticale di blocchi
contigui. Effetti geologici simili sono stati rilevati e documentati da vari
autori in seguito all'evento sismico del 1980.
Anche in seguito agli
eventi sismici recenti del settembre-ottobre 1997, caratterizzati da magnitudo
inferiore a quella degli eventi del 1980 e 1857, tra Umbria e Marche si sono
rilevati spostamenti verticali tra blocchi rocciosi contigui lungo una ampia
fascia larga vari chilometri, come è stato ampiamente documentato dal Prof.
Giuseppe Cello dell'Università degli studi di Camerino durante il Convegno
Nazionale Geoitalia 97 tenutosi all'inizio di ottobre del corrente anno a
Bellaria di Rimini.
La rotazione di blocchi
o lo spostamento verticale tra blocchi contigui potrebbe determinare seri
inconvenienti alle tubazioni infisse nel sottosuolo per circa 4000 metri . I problemi
gravi si avrebbero in fase di produzione di idrocarburi con probabili rotture
delle tubazioni e fuoriuscita di fluidi nel sottosuolo che potrebbero inquinare
gravemente le falde idriche.
Le vitali falde idriche
vanno tutelate accuratamente per cui il parere dello scrivente è che vada
evitato qualsiasi intervento che comporti anche una sola probabilità di
arrecare inquinamento alle strategiche risorse idriche sotterranee.
Lo scontro si concluse
in tribunale con una vittoria della Comunità locale per cui il pozzo
esplorativo fu bloccato.
Dopo 15 anni si
ripropone il probelma
La richiesta di
perforazione del Pozzo S. Michele 1 aveva evidenziato una situazione del tutto
nuova in quanto gettò luce sul fatto che possono entrare in conflitto gli usi
di due importanti risorse: l'uso potabile, agricolo e industriale dell'acqua
degli acquiferi superficiali e l'estrazione degli idrocarburi profondi.
Dal momento che allo
stato attuale le leggi possono consentire di avviare interventi
"nuovi", il cui impatto sul territorio può essere di non facile
valutazione mancando esperienze precedenti, che possono determinare
inquinamento delle falde e considerando che vanno utilizzate correttamente
tutte le risorse naturali, andrebbero individuati gli opportuni rimedi legislativi
e tecnici per consentire un armonico sviluppo di tutto il territorio evitando
di avviare interventi che potrebbero irrimediabilmente danneggiare le
strategiche risorse idriche.
Lo scrivente ritiene che
sarebbe un errore imperdonabile provocare l'inquinamento di risorse idriche
strategiche rinnovabili, destinate a persistere in eternità sul territorio e
quindi a disposizione di tutte le generazioni umane future, in seguito ad una
non completa e corretta valutazione dei rischi connessi all'estrazione degli
idrocarburi; va considerato, inoltre, che la conoscenza dei problemi ambientali
connessi alle azioni dell'uomo deve consentire di adottare ubicazione delle
perforazioni tali da non danneggiare le risorse idriche.
Oggi si assiste ad una
nuova mobilitazione nel Vallo di Diano in seguito all’avviso emanato da un
nuovo gruppo di società petrolifere che sono state autorizzate a svolgere
ricerche geologiche e geofisiche e un eventuale pozzo esplorativo nelle stesse
aree in destra orografica del fiume Tamagro.
E' parere dello
scrivente che gli aspetti geoambientali connessi alla ricerca di idrocarburi
con l’esecuzione di un pozzo sperimentale nel Vallo di Diano rappresentino un " Caso di importanza nazionale ".
E' parere dello
scrivente che le ricerche mediante trivellazione andrebbero sospese per dare
l'opportunità a tutte le Istituzioni interessate, da quelle locali a quelle
centrali, di mettere a punto i necessari interventi con cui portare avanti la
ricerca e l'uso delle risorse naturali e ambientali con la più assoluta
garanzia di preservazione e tutela delle risorse idriche.
Prof. Franco
ORTOLANI
19 febbraio 2012
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