mercoledì 29 febbraio 2012

COMUNICATO STAMPA #2

Ancora bene i sindaci. Aspettiamo notizie da enti e associazioni categoria.


La giornata di ieri ha sancito la gravità di quanto sta accadendo in questi giorni nei nostri territori. Una veste di ufficialità l'ha data il duplice appuntamento di ieri a Sala Consilina. In mattinata le telecamere di Ambiente Italia, approfondimento settimanale di Rai 3 su temi ambientali, sono giunte nel comune di Sala, al centro degli obiettivi estrattivi della multinazionale del petrolio Shell.

La giornalista Francesca Ghidini ha potuto rilevare la gravità di quanto sta avvenendo sulla linea di confine che separa la Campania dalla Basilicata, dove la Shell sta cercando di intraprendere una rovinosa campagna di estrazioni petrolifere dai risvolti in tutto e per tutto simili a quelli ben noti della vicina Val D'Agri.

Nel pomeriggio i sindaci ed i tecnici di tutti e 12 i comuni sono usciti con un comune e convinto NO al petrolio. Anche in questo caso non possiamo che accogliere con favore la loro decisione. Essi produrranno entro un mese, prima della scadenza dei termini per replicare alla Shell, un dettagliato e condiviso documento comune che avrà lo scopo di indicare sotto tutti gli aspetti (ambientale, economico, tecnico-legale, sociale, zoologico, sanitario) perché è necessario dire NO.

Questo comitato non smetterà di sostenere l'azione di quella politica che Ortolani ha definito “La politica vera, quella con la P maiuscola, che ha il coraggio di difendere il territorio contro interessi giganteschi”. Un grazie va alla Cisl che ha ricordato la vocazione culturale del territorio dicendo NO. Non smetteremo di indagare, studiare, denunciare, informare.


È per questo che ci chiediamo che fine hanno fatto soggetti, enti ed associazioni di categoria che potrebbero – spesso dovrebbero – esprimere il proprio parere sulla vicenda. E allora, chiediamo l’intervento del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, in cui la totalità dei comuni campani interessati dall'operazione ricade, o interamente o nella zona contigua.

Chiediamo l’intervento della Coldiretti che indica nell'agricoltura biologica e di qualità la via maestra per lo sviluppo delle aree rurali del salernitano. Chiediamo l’intervento del Consorzio di bonifica, visto che i pozzi petroliferi potrebbero essere realizzati a poche decine di metri dal fiume e dal nido della cicogna. Chiediamo l’intervento di tutte le altre associazioni a tutela dei consumatori presenti e realmente attivi nel Vallo di Diano.

Nell'attesa di risposte ufficiali di chi non dovrebbe avere bisogno del nostro sprone, vogliamo segnalare le prossime iniziative ed una serie di appuntamenti che contribuiranno a rendere più chiaro il quadro della situazione. Nei prossimi giorni incontreremo un gruppo di imprenditori del Vallo di Diano per un'azione di sensibilizzazione ed informazione rispetto ai pericoli rappresentati dall'operazione “Monte Cavallo”. Inoltre Mercoledì sera alle 21 sul La7 andrà in onda “Gli Intoccabili” programma che si occuperà degli effetti del petrolio in Basilicata e Val D’Agri.

martedì 28 febbraio 2012

La Shell a giudizio:
omicidio, tortura, schiavismo in Nigeria

di Maria Rita d'Orsogna


Puo’ veramente essere che nel 2012 le corporazioni possono andare ovunque nel mondo e commettere abusi come torture, omicidi e schiavismo e allo stesso tempo essere esenti dal confronto coi loro accusatori e non rendere giustizia?
Questo e’ esattamente quello che la Shell difendera’ presso la nostra piu’ alta corte oggi.
Karen Redford, avvocato
28 Febbraio 2012
La Corte Suprema americana ha deciso di ammettere il dibattito “Kiobel vs. Shell”, dove dovra’ decidere se il processo di un gruppo di Nigeriani contro la Shell per crimini contro l’umanita’ e per la morte del famoso attivista Ken Saro Wiwa, puo’ svolgersi negli USA oppure no.
La Shell e’ infatti accusata di avere ingaggiato paramilitari che hanno commesso sequestri di persona, esecuzioni sommarie, tortura, lavori forzati, stupri, violenze, tangenti, sparatorie e finanche genocidio. Fra i delitti contestati, la morte di Ken Saro Wiwa e di altre persone.
La Corte Suprema e’ allora chiamata a decidere se le vittime possono o no portare in causa la Shell, non per danni ambientali, ma per danni contro i diritti umani, anche se i crimini sono accaduti fuori dagli USA.
Infatti, parrebbe che questa causa dei nigeriani contro la Shell, non possa competere ad un tribunale USA visto che la Shell ha sede altrove, e visto che le morti e i presunti abusi sono accadute in Nigeria.
Ma facciamo un passo indietro. Negli anni ’90 sorse in Nigeria il movimento popolare degli Ogoni, di cui abbiamo parlato tante volte su questo blog, che includeva anche Ken Saro Wiwa e che denunciava le pietose condizioni ambientali in Nigeria a causa di decenni di sfruttamento petrolifero, soprattutto per opera della Shell.
Le pacifiche proteste di Wiwa e dei suoi collabroatori vennero pero’ subito messe a tacere dal brutale regime dittatoriale dell’epoca, in collaborazione con la Shell. Insieme, secondo l’accusa, la Shell e il governo furono responsabili di quella bella lista di delitti di cui sopra, inclusa la morte di Ken Saro Wiwa.
Ora e’ evidente che una persona e’ sempre responsabile di omicidio.
Ma questo reato non e’ stato commesso negli USA.
Qui pero’ c’e’ anche una legge che si chiama Alien Tort Statute, secondo la quale orrendi crimini commessi all’estero contro l’umanita’ possono essere portati a processo sul suolo USA. Questa legge esiste da 30 anni.
A volte infatti, succedeva che criminali nazisti, o altri dittatori venivano negli USA “in pensione”, pensando di poterla fare franca. Invece no, qui la legge dice che in casi particolarmente gravi, anche se il crimine l’hai commesso all’estero, puoi essere portato in causa in un tribunale americano.
Questa legge e’ stata gia’ usata contro Radovan Karadzic, per crimini commessi durante la guerra di Bosnia/Serbia e contro il dittatore filippino Ferdinando Marcos.
E le multinazionali? Chi protegge i deboli contro quelle? I criteri applicati per Marcos e per Karadzic sono gli stessi che si applicano alla Shell? La legge cosi’ com’e’ formulata non spiega se bisogna fare distinzione fra persone/dittatori e multinazionali/ditte petrolifere.
Anche se la legge non era esplicita, circa 15 anni fa, si decise di provare ad usare questa Alien Tort Statute anche contro le multinazionali.
Il primo caso fu quello di Doe vs. Unocal, in cui alcuni cittadini di Birmania portarono in causa la Unocal Americana e la Total di Francia.
In questo caso, la Unocal e la Total erano accusate di avere ingaggiato l’esercito birmano per forzare la costruzione di un oleodotto, ben consci della brutalita’ che sarebbe stata riservata ai residenti, tutti contrari.
Infatti i militari commisero torture, violenze sessuali e omicidi sugli abitanti che quell’oleodotto proprio non lo volevano. Un po’ come in Nigeria.
Fu un successo – dopo 9 anni la Unocal e la Total, nel 2005, ammisero le loro colpe e furono costrette a risarcire le vittime.
Ma adesso, gli avvocati della Shell dicono che questa Alien Tort Statute si debba applicare *solo* alle persone, non alle corporazioni, cioe’ a loro.
E di grazia, perche’? Ovviamente perche’ hanno paura di perdere come hanno perso quelli della Unocal/Total a suo tempo e sarebbe un colpo durissimo per la Shell la cui immagine di certo non brilla per carita’ cristiana!
E quindi siamo finiti alla Corte Suprema che deve decidere se queste multinazionali siano “persone” che possono stare a processo anche per presunti delitti commessi fuori dagli USA, secondo questo Alien Tort Statute oppure no.
A capo di questo processo c’e’ la signora Barinem Kiobel, moglie del dottor Kiobel che venne impiccato dalla giunta militare della Nigeria nel 1995 assieme a Ken Saro Wiwa e sotto la regia della Shell. Assieme alla vedova del dottor Kiobel, altre nove persone.
La signora chiede solo che ci sia un processo, e che lei possa presentare le sue argomentazioni contro la Shell presso un triunale, presumibilmente non corrotto, e chiedere giustizia per la morte del marito, avvenuta 16 anni fa!


Vediamo se ora sono persone anche nel senso che non possono andare dove gli pare e creare disastri, impuniti.
Qui il commentario di uno degli avvocati per i diritti umani del gruppo Earth Rights International, Katie Redford


Il caso e’ ora nelle mani della Corte Suprema che ha iniziato ad ascoltare pareri di Shell e vittime il 28 Febbraio 2012.

sabato 25 febbraio 2012

I più poveri d'Italia



COMUNICATO STAMPA #1

Si costituisce il Comitato per dire no alle trivellazioni Shell


Il 15 febbraio scorso è nato a Sala Consilina il comitato spontaneo “No al Petrolio” nel Vallo di Diano. Questo punto d'incontro tra cittadini, associazioni culturali e di categoria, ordini professionali, artigiani ed agricoltori nasce dall’esigenza di contrastare il nuovo assalto che l'industria petrolifera sta portando al nostri territorio, 15 anni dopo la Texaco a Sala Consilina.

Come in quella occasione, ravvediamo un grave pericolo per l'ambiente e per le circa 70mila persone che abitano in un comprensorio composto da 14 comuni, tutti ricadenti in area parco o in zona contigua. Peggio di allora, la Shell ha chiesto di effettuare sondaggi in 8mila ettari circa di territorio interamente protetti dall'UE che l'ha individuati come Sito di Interesse Comunitario (SIC).

Per i componenti di questo comitato, il petrolio rappresenta una scelta anacronistica, economicamente inconsistente ed in conflitto con lo sviluppo raggiunto dal territorio. Non solo il piano Shell non ha indicato alcuna prospettiva occupazionale (né diretta, né nell'indotto) per il Vallo, ma possiamo sin d'ora affermare che la malaugurata presenza di pozzi comporterebbe un grave danno per l'esistente tessuto di aziende agricole, zootecniche, di trasformazione di prodotti della terra – in primis i numerosi caseifici capillarmente diffusi in tutti i comuni –, di imbottigliamento acque minerali e turistico recettive.

Da un punto di vista economico-sociale verrebbe meno la possibilità, ribadita istituzionalmente attraverso i finanziamenti della Regione e dell’Unione europea, di avviare uno sviluppo armonico costituito da beni sempre più preziosi come la terra, i centri storici, l’artigianato, l’ambiente.

Si assisterebbe piuttosto ad una trasformazione del territorio in senso industriale con scarse prospettive di durata, che si esauriranno non appena il petrolio sarà anch’esso esaurito e che lasceranno ancora più arida e senza nulla, la nostra terra. Esempi e false speranze che abbiamo già vissuto nei periodi del post sisma con zone industriali fatiscenti, nate per esaurire risorse economiche e illudere cittadini, disperati economicamente, con il miraggio di una ricchezza che tale non è stata, né sarà.

Guardiamo poi la Basilicata. Rifiutiamo con forza l'ipotesi di trasformare il Vallo in una nuova Val D'Agri: una terra che vive questo incubo da 30 anni e che in cambio ne ha ottenuto spopolamento, impoverimento delle famiglie, massiccia emigrazione giovanile, aumento della disoccupazione, degrado ambientale e raddoppio delle patologie legate all'inquinamento di suolo, falde ed aria.

Ci fa spavento l'ammonimento di un scienziato del calibro di Franco Ortolani che ha ricordato come quelli che la Shell vorrebbe realizzare nel Valdiano, sarebbero i primi pozzi edificati non in un deserto o su terreni argillosi, ma in aree protette contrassegnate dal più alto grado di rischio sismico.

Ci conforta invece vedere la reazione compatta e unitaria dei sindaci che nella conferenza della Comunità montana hanno ribadito giovedì un no convinto e corale. Ma questo non basta. È importante che i cittadini sentano proprio questo passaggio epocale e respingano con forza una soluzione vecchia e pericolosa per tutti noi. 

Chiunque lo vorrà potrà prendere contatto con questo Comitato facendo riferimento ai numeri di telefono 3491396897, 3208053617 e 3457024181 ed all'indirizzo e-mail: noalpetrolio@gmail.com ed al gruppo di Facebook “Il VALLO di DIANO dice NO al PETROLIO!”

Infine dalle 18 alle 20 dei giorni lavorativi ci si potrà recare presso la sede di Palazzo 4 torri in via Mezzacapo a Sala Consilina. 

Da parte nostra vigileremo ed informeremo la popolazione, facendo ricorso ai tutti i mezzi di informazione e comunicazione presenti sul territorio.

giovedì 23 febbraio 2012

I Sindaci del Vallo compatti


 NO AL PETROLIO
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Convocati dal Presidente della Comunità Montana –arch. Raffaele Accetta – si sono riuniti alle ore 16.00 del 23 febbraio 2012 presso la sede dell’Ente in Padula i Sindaci del Vallo di Diano per un’analisi congiunta della <<questione petrolio>> che da qualche giorno sta animando un intenso dibattito a tutti i livelli e che vede l’opinione pubblica maggiormente spostata sulla posizione del NO.

La riunione si apre con l’intervento del Presidente della Comunità Montana che svolge una panoramica generale della situazione legata alla richiesta della SHELL, interessata ad effettuare dei sondaggi nei territori di alcuni Comuni della zona finalizzati alla ricerca del petrolio.

Il Presidente si sofferma poi sul dibattito in corso e sulle varie dichiarazioni rese dai Sindaci e da altre persone che partecipano al dibattito, evidenziando comunque che non mancano posizioni favorevoli ai sondaggi come nel caso dell’Associazione degli Imprenditori del Vallo di Diano.

A conclusione del suo intervento, l’arch. Accetta invita i Sindaci a svolgere una riflessione seria, ponderata e netta, tenendo conto in ogni caso che:

·        nel merito della questione il territorio circa 15 anni fa già si espresse negativamente, tant’è che vi fu una forte protesta promossa proprio dai Sindaci che arrivarono addirittura ad incatenarsi nel cortile della Certosa di Padula;

·        il territorio da diversi anni a questa parte si sta spendendo per sostenere uno sviluppo che va in tutt’altra direzione e che si identifica con lo sviluppo rurale integrato che significa crescita armonica non solo dell’agricoltura, che costituisce la spina dorsale del tessuto produttivo locale, ma anche di altri settori più direttamente connessi quali il turismo sostenibile legato essenzialmente alla fruizione dei beni culturali ed ambientali di cui il Vallo di Diano è ricco, l’artigianato tradizionale, il piccolo commercio;

·        per non vanificare gli ingenti sforzi finora compiuti nel campo della pianificazione e dell’attuazione dei programmi di sviluppo locale, bisogna avere la piena consapevolezza che il territorio del Vallo di Diano costituisce, nel suo insieme, una risorsa di grande rilievo, strategica per il tipo di sviluppo ipotizzato, e, come tale, necessariamente da salvaguardare da tutto ciò che compromette la bellezza ed il valore delle peculiari risorse presenti, molte delle quali a valenza riconosciuta a livello internazionale: Certosa di Padula, Grotte di Pertosa, centro storico di Teggiano, Terme di Montesano S/M, Monte Cervati e le miriadi di aree protette ricadenti nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano;

·        che l’attuale governo regionale non si configura come interlocutore credibile con cui discutere della questione petrolio non avendo finora dimostrato concreta attenzione per le istanze e le problematiche dei territori delle aree interne più distanti da Napoli, come appunto il Vallo di Diano.

Segue un’articolata discussione nel corso della quale tutti i Sindaci e gli amministratori locali presenti alla riunione esprimono le proprie considerazioni.

In linea generale, dagli interventi è emerso che:

-         il petrolio non è assolutamente sinonimo di sviluppo, ragion per cui all’iniziativa della Shell occorre fermamente opporsi in tutte le sedi, a partire dai consigli comunali che vanno da subito convocati anche per sentire il parere degli amministratori ed informare ed ascoltare i cittadini;

-         i Sindaci sono tutti contrari ai sondaggi ed alla eventuale successiva estrazione del petrolio nell’ambito del Vallo di Diano senza alcuna incertezza e perplessità, rifiutando a priori la logica della colonizzazione da parte dei “grandi colossi”, interessati solo a mettere piedi nel Vallo di Diano in virtù delle risorse che se ne possono trarre, senza apportare alcun beneficio concreto al territorio, né in termini di sviluppo né sul piano occupazionale;

-         negli ultimi 15-20 anni il Vallo di Diano ha beneficiato di cospicue risorse finanziarie rese disponibili dai vari programmi e strumenti di intervento pubblico (Progetti Leader, Patto Territoriale, Patto Agricolo, PIT Certosa, PIT Parco, PIR, misure del POR e del PSR, ecc..) grazie alle quali sono stati incentivati investimenti imprenditoriali ed opere infrastrutturali, strategiche ai fini dello sviluppo locale che si è ritenuto dover orientare verso l’ambiente e la valorizzazione delle peculiarità del territorio: beni culturali, risorse naturali, produzioni tipiche locali,agricole ed artigianali. Dire SI al petrolio significherebbe rinnegare quanto finora si è fatto a sostegno dello sviluppo ecocompatibile, significherebbe rinnegare i documenti strategici di indirizzo condivisi ed approvati dal territorio e che vanno sempre nella direzione dello sviluppo sostenibile a forte integrazione ambientale (vedi piano di sviluppo socio economico della Comunità Montana e Accordo di Reciprocità), significherebbe compromettere la bellezza e la serenità dei luoghi, con ripercussioni fortemente negative in termini di attrattività turistica dell’intero territorio, significherebbe accettare le preoccupazioni per le inevitabili forme di inquinamento e di alterazione ambientale legate alle attività di estrazione e trasporto del petrolio, senza nulla prendere in cambio, come peraltro sta avvenendo nella vicina Val d’Agri;

-         la questione petrolio non riguarda solo i Comuni individuati per dei sondaggi ma tutto il Vallo di Diano tenuto conto che qualsiasi effetto lesivo, ambientale e socio-economico, derivante dall’estrazione del petrolio ricadrebbe sull’intero territorio e per questa ragione tutti e 15 i Comuni del Vallo sono chiamati ad attivarsi per “impedire” di fatto che la Shell vada avanti nel suo intento, a dispetto della volontà del territorio;

-         non è accettabile la logica di dover rincorrere di volta in volta decisioni calate dall’alto che sistematicamente si rivelano pregiudizievoli per il territorio; ciò è un’offesa per la democrazia perché è assurdo investire un territorio di una problematica così pesante, qual’è appunto l’estrazione del petrolio, senza sentire a priori il parere delle istituzioni locali e senza tenere conto della volontà delle persone che in quel territorio vivono e che in quel territorio ripongono tutte le aspettative per uno sviluppo duraturo e sostenibile;

-         bisogna dire NO al petrolio senza alcuna esitazione perché il Vallo di Diano, così com’è, è troppo prezioso per farlo “scalfire” da operazioni avulse e distruttive come nel caso della scongiurabile estrazione del petrolio;

-         bisogna dire NO al petrolio a prescindere anche perché nel Vallo di Diano si sono già registrati episodi negativi di interventi avulsi e decisi altrove come nel caso della centrale elettrica nel Comune di Montesano, rispetto alla quale tutti i Comuni del Vallo dovrebbero esprimere solidarietà ai cittadini di Montesano e all’amministrazione comunale che si sta battendo per risolvere tale grave e delicata questione;

-         bisogna dire NO al petrolio perché il Vallo di Diano è di fatto un  TERRITORIO PROTETTO sia per la elevata incidenza della superficie ricadente nel perimetro del Parco Nazionale “Cilento e Vallo di Diano” (ettari 26.629, pari al 37% dell’intera estensione territoriale), alla quale va aggiunta la restante superficie classificata interamente “area contigua” del parco, sia  per la diffusa presenza di siti di interesse comunitario (aree SIC e ZPS). In virtù di tale connotazione, dell’elevato grado di naturalità degli ambienti, ben conservati e salvaguardati grazie alle tradizionali e secolari attività agro-silvo-pastorali, della ricchezza della biodiversità, e della forte integrazione dei territori rurali con la matrice ambientale, il Vallo di Diano rappresenta il luogo ideale per lo sviluppo di un’agricoltura di qualità ecocompatibile in grado di offrire produzioni tipiche eccellenti. E’ evidente che tale prospettiva verrebbe totalmente compromessa dalla presenza del petrolio;

-         bisogna dire NO al petrolio soprattutto per rispetto di quei cittadini del Vallo di Diano, che senz’altro sono la maggioranza se non addirittura la quasi totalità, che, sensibili alle problematiche di tutela dell’ambiente, denotano preoccupazione per <<l’operazione petrolio>>, ritenendola incompatibile con le peculiarità dell’area e con il tipo di sviluppo che si sta portando avanti.

Sulla base di tali considerazioni unanimemente condivise, tutti Sindaci ed i rappresentanti dei Comuni del Vallo di Diano, nell’esprimere ferma contrarietà all’ipotesi sondaggi ed estrazione del petrolio nell’ambito del territorio, respingono fin da ora la richiesta avanzata dalla SHELL ed assumono impegno di battersi con forza ed in tutte le sedi per porre il Vallo di Diano a riparo da tali scellerate ed inaccettabili iniziative, nonché di sostenere ed affiancare tutte le iniziative che saranno intraprese sul territorio e che vanno nella direzione del NO AL PETROLIO.

domenica 19 febbraio 2012

Una voce ufficiale
di Franco Ortolani


Vallo di Diano: dopo 15 anni si ripropone il conflitto petrolio-risorse idriche



Premessa
Nel 1997 i cittadini del Vallo di Diano si mobilitarono, in gran parte, quando si diffuse la notizia che un gruppo di Società petrolifere aveva ottenuto il permesso di eseguire un pozzo profondo esplorativo per verificare la presenza di giacimenti petroliferi ad oltre 4000 m di profondità. Erano state eseguite preliminarmente ricerche geologiche e geofisiche che avevano consentito di individuare una struttura profonda potenzialmente idonea come riserva di idrocarburi. La verifica della presenza dell’eventuale giacimento doveva essere effettuata con il pozzo esplorativo chiamato S. Michele 1, da ubicare nel Vallone Bersaglio nel Comune di Sala Consilina, nella fascia pedemontana a sud est dell’abitato. Il progetto prevedeva, in caso di rinvenimento di un giacimento di idrocarburi, l’esecuzione di una decina di altri pozzi deviati utilizzando il cantiere del pozzo esplorativo.
La società petrolifera capofila aveva già ottenuto tutti i permessi da parte ministeriale e regionale quando si sollevò una accesa contestazione popolare con occupazione fisica dell’area di accesso al Vallone Bersaglio. Il dibattito si sviluppò con il contributo di consulenze giuridiche e amministrative in favore degli oppositori del progetto che non scalfirono le intenzioni della società petrolifera che, forte delle autorizzazioni ufficiali, intendeva iniziare a perforare il pozzo esplorativo.

Contattato e sollecitato dal Dr. Geologo Antonio Petroccelli studiai le problematiche connesse alla perforazione ed alla eventuale produzione di idrocarburi. Mi resi conto che vi erano diversi problemi che non erano stati adeguatamente affrontati e risolti. A questo punto mi fu chiesta una consulenza scientifica da parte della Comunità Montana Vallo di Diano i cui risultati furono descritti nella relazione datata ottobre 1997 dal titolo “principali problemi geo-ambientali che possono essere connessi alla ricerca e produzione di idrocarburi nel territorio della Comunità Montana - PERMESSO DI RICERCA PETROLIFERA S. ARSENIO - POZZO ESPLORATIVO S. MICHELE 1” di cui riporto sinteticamente gli aspetti più significativi.

Sintesi dei dati acquisiti
Come chiaramente esplicitato dallo scrivente l’indagine fu espletata al fine di verificare con assoluta imparzialità i reali problemi geoambientali connessi non solo alla perforazione di un pozzo esplorativo ma anche alla eventuale successiva produzione di idrocarburi in un'area caratterizzata dalla presenza di acquiferi carbonatici superficiali di importanza strategica e altamente vulnerabili, da elevata sismicità e da marcato rischio idrogeologico. Lo studio si basò su rilevamenti diretti nella zona in cui doveva essere perforato il Pozzo S. Michele 1 e in tutta l'area circostante ritenuta significativa per l'acquisizione di dati utili per l'evidenziazione di eventuali problemi geoambientali  fino ad allora non valutati o non valutati adeguatamente.
Il lavoro dello scrivente, pertanto, fu teso esclusivamente all'accertamento dell'impatto ambientale delle ricerche  petrolifere e della eventuale produzione di idrocarburi attraverso gli acquiferi così come prospettato dalla Texaco mettendo anche una particolare attenzione alla valutazione della sicurezza degli impianti ubicati nel centro del Vallone Bersaglio in un'area sottoposta a vincolo idrogeologico ma soprattutto a rischio idrogeologico.
L’aspetto preoccupante per la difesa delle risorse idriche apparve la ricerca petrolifera che mirava a raggiungere le strutture carbonatiche profonde al di sotto, cioè, degli acquiferi carbonatici.
Vari studi eseguiti nell'area del Vallo di Diano hanno evidenziato l'importanza idrogeologica connessa all'affioramento e alla struttura delle rocce carbonatiche che costituiscono acquiferi di strategico valore dal momento che riforniscono varie sorgenti perenni aventi portata complessiva di circa 5000 l/sec; grande rilevanza hanno anche le falde ospitate nei sedimenti alluvionali, aventi spessori anche superiori a 100 metri, che rappresentano il riempimento quaternario della depressione del Vallo di Diano.

Lo studio sottolineò l'importanza che hanno le acque sorgive e di falda per l'assetto socio-economico attuale del Vallo di Diano e per le prospettive di sviluppo futuro.
Le acque sorgive del Vallo di Diano, infatti, per la particolare struttura geologica evidenziata in Incoronato, Nardi e Ortolani (1978), si trovano a quote superiori a 400 m s.l.m. ed hanno, pertanto, una importanza strategica. Esse, inoltre, non possono essere sostituite con altre acque. E' evidente che la loro utilizzazione, conservazione e preservazione dall'inquinamento è alla base dell'assetto socio-economico dell'intera area, attuale e futuro.

Nella relazione fu sottolineata l’importanza delle acque sorgive del Vallo di Diano anche per la progressiva diminuzione delle precipitazioni che caratterizzano l’attuale periodo di cambiamento climatico.

Problemi geoambientali principali

I problemi geoambientali principali connessi alla ricerca e produzione di idrocarburi nel territorio della Comunità Montana erano essenzialmente due:

1 - rischio idrogeologico del sito in cui era prevista la realizzazione del pozzo S. Michele 1;

2 - rischio sismico derivante da effetti locali quali rotazioni di blocchi rocciosi di notevole spessore attorno ad assi suborizzontali e spostamenti verticali relativi tra blocchi in occasione di un eventuale sisma simile a quello del 1857.

Il sito in cui era prevista la realizzazione del Pozzo S. Michele 1 è ubicato nel centro della valle torrentizia denominata Vallone Bersaglio ed è sottoposto a vincolo idrogeologico. La Texaco aveva richiesto lo svincolo idrogeologico dell'area producendo uno studio con cui si proponeva di realizzare una sistemazione idraulica in modo da deviare le eventuali acque di piena che avrebbero potuto incanalarsi nella valle in seguito ad eventi pluviometrici eccezionali. Il rischio idrogeologico connesso alla invasione di acqua in tal modo sarebbe stato eliminato.

L'indagine svolta dallo scrivente evidenziò un problema, fino ad allora mai segnalato per il margine nordorientale del Vallo di Diano, rappresentato dalle colate rapide di detriti che nel secolo scorso hanno già interessato l'area di Padula.

Il problema geoambientale più grave del sito non era rappresentato, pertanto, dalle piene idriche eccezionali ma dal rischio di colate rapide di fango e detriti.

Il sito prescelto dalla Texaco per realizzare il pozzo risultò ad alto rischio idrogeologico connesso al transito di colate rapide di fango e detriti. Una eventuale colata rapida avrebbe potuto distruggere istantaneamente gli impianti di perforazione mettendo in grave pericolo anche la vita degli addetti ai lavori del pozzo esplorativo S. Michele 1. Una eventuale colata rapida potrebbe anche interessare il sito, qualora il pozzo esplorativo rinvenga un giacimento, durante le successive fasi di produzione di idrocarburi che potrebbero prolungarsi anche per alcune decine di anni. I danni ambientali in tale caso sarebbero immediati per le falde idriche all'interno delle rocce carbonatiche e detriti molto permeabili e ad elevata vulnerabilità determinando un inquinamento di lunga durata.

Rischio sismico connesso ad effetti locali

Va evidenziato che il Vallo di Diano  (specialmente la parte orientale) è interessato da forte sismicità; l'ultimo violento sisma è quello del 1857 che ebbe epicentro tra lo stesso Vallo di Diano, l'alta valle del Melandro e l'alta Val d'Agri. Ricostruzioni di tale evento sono state fatte, tra le altre, nell'Atlante del CNR-Progetto Finalizzato Geodinamica, 1985.

L’area epicentrale è stata quella maggiormente sollecitata e danneggiata dal sisma; nella relazione si evidenziò che la classificazione sismica allora vigente era errata e che la zona doveva essere definitivamente classificata di elevata sismicità e non di media. In sostanza, quindi, il riferimento alla media sismicità fatto nella relazione sul rischio sismico dell'area del pozzo S. Michele 1 presentata dalla Texaco e a firma di Scandone - Petrini non era di fatto corretto; il reale grado di sismicità, almeno della parte orientale del Vallo di Diano era relativo alla elevata sismicità e non alla media.

Nella relazione si evidenziò il ruolo degli effetti locali in occasione di un forte sisma come quello del 1857; tali aspetti erano stati ignorati negli studi della Texaco. Gli studi effettuati dopo il sisma del 1980 avevano evidenziato che sulla superficie del suolo nell'area maggiormente disastrata si sono verificate rotture dei terreni con spostamento verticale delle parti (Westaway & Jackson, 1987;  Pantosti et alii, 1993)  come nell'area del Pantano di S. Gregorio Magno, Piano delle Pecore nell'area di Monte Marzano-Monte Ogna, rotazioni di grandi blocchi come nella valle del Fiume Ofanto dove fu registrata la rotazione di tutta la diga sull’Ofanto di Conza della Campania solidalmente con il substrato roccioso e  con abbassamento di circa 1 m di un lato della valle (Cotecchia, 1986).

A parte l'interpretazione sul significato di tali evidenti deformazioni della superficie del suolo, è innegabile che esse si siano verificate. L'area interessata da tali deformazioni è ampia circa 16 - 18 km e comprende la larghezza dell'area epicentrale allungata secondo le faglie crostali che hanno originato il sisma.

In relazione all'ubicazione delle faglie o della faglia crostale che ha originato il sisma del 1857 non si hanno dati precisi. La parte orientale del Vallo di Diano, dove dovrebbe essere perforato il pozzo S. Michele 1, si trova all'interno della fascia ampia circa 8 - 9 km ad ovest e 8 - 9 km ad est rispetto alla probabile struttura che potrebbe originare un eventuale nuovo sisma in futuro. Non si può escludere, pertanto che un eventuale forte sisma possa provocare la rotazione dei blocchi di roccia fino in superficie e provocare rotture dei terreni con spostamenti verticali dei blocchi. Del resto nessuna ricerca è stata espletata con scavi, trincee ecc. per verificare se in passato si sono già verificati effetti di tale tipo anche nell'area del Vallo di Diano.

Le ricerche effettuate dallo scrivente nelle cave di detriti calcarei ubicate lungo i margini occidentali dei Monti della Maddalena consentirono di individuare nella cava in cui è ubicata la discarica dei rifiuti solidi urbani di Sala Consilina e ubicata poco a sud del sito in cui è prevista la perforazione del pozzo S. Michele 1 evidenze di movimenti tettonici recenti che interessano i detriti calcarei e alcuni paleosuoli in essi intercalati.

In particolare sono evidenti le faglie che interessano i sedimenti ubicati a circa 10-15 m di profondità dal piano campagna e altre faglie che interessano sedimenti e paleosuoli recenti fino quasi in superficie. Queste ultime faglie, rinvenute per la prima volta nell'area del Vallo di Diano in occasione della presente indagine e non note ai consulenti Texaco, potrebbero essersi verificate anche durante il periodo storico ed essere connesse, quindi, all'attività sismica recente ed attuale.

I dati sopra esposti confermano le previsioni che il margine occidentale dei monti della Maddalena può essere interessato da rotazione di blocchi attorno ad assi suborizzontali e da spostamenti verticali relativi tra blocchi durante i forti eventi sismici che hanno interessato e che, purtroppo, potrebbero interessare l'area in futuro.

Le rotture con spostamenti verticali dei blocchi e la rotazione degli stessi blocchi rocciosi aventi spessore di centinaia di metri potrebbero provocare danni o rotture delle tubazioni infisse nel sottosuolo. Se attraverso tali tubazioni stanno risalendo idrocarburi si possono avere dispersioni nel sottosuolo e in superficie con immaginabili danni ambientali e danni alle falde idriche.

Dal momento che si può dire solo che l'area è sismicamente attiva e che molto probabilmente in futuro si avranno altri sismi ma non si può prevedere quando questi possano avvenire, si deduce che è meglio evitare di realizzare impianti di produzione di idrocarburi che persistano sul territorio a rischio per alcuni decenni e che siano caratterizzati dalla risalita di fluidi profondi attraverso gli acquiferi carbonatici superficiali.

Lo studio evidenziò come le falde di acqua potabile siano sovrapposte al probabile giacimento; l'eventuale estrazione di idrocarburi, come programmato dalla Texaco, avverrebbe attraverso la falda mediante numerosi pozzi di produzione che verrebbero realizzati dalla stessa postazione del pozzo esplorativo S. Michele 1.

La figura 37 schematizza i probabili problemi che possono verificarsi in fase di produzione in seguito ad un non escludibile indidente in superficie o in seguito ai danni che le tubazioni possono avere per effetto di un forte sisma simile a quello verificatosi nel 1857.

Il pericolo reale è connesso alla eventuale estrazione degli idrocarburi attraverso gli acquiferi altamente permeabili e attraverso le falde strategiche per l'assetto socio-economico della Campania. 

Non si può certamente escludere che possa avvenire un incidente durante la produzione con fuoriuscita di idrocarburi in superficie sugli acquiferi e nel sottosuolo nelle falde.

Conclusioni

L'indagine svolta dallo scrivente in assoluta autonomia culturale e professionale senza alcuna forzatura da parte del Committente evidenziò alcuni importanti aspetti geoambientali dell'area interessata dalle ricerche petrolifere sul versante destro orografico del fiume Tanagro che finora non sono emersi dai vari contributi forniti dalla Texaco, dai suoi consulenti e dai consulenti delle Istituzioni locali.

L'indagine condotta fornì i seguenti nuovi elementi alla Comunità Montana e a tutte le Istituzioni interessate all'armonico uso delle risorse naturali e allo sviluppo socio-economico del territorio:

1 - Il sito in cui doveva essere realizzato il pozzo S. Michele 1, nel centro del Vallone Bersaglio, presenta un rischio idrogeologico per colate rapide di fango e detriti.
Le opere di sistemazione idraulica del vallone previste dalla Texaco non servivano a scongiurare il rischio connesso al passaggio rapido e messa in posto di migliaia di metri cubi di detriti qualora dai versanti a monte si fossero innescate colate rapide di fango e detriti. L'area del cantiere sarebbe stata inesorabilmente sconvolta con grave pericolo per la vita degli addetti al lavoro.
Il rischio ambientale sarebbe ancora più grave se un eventuale evento franoso del tipo sopra descritto si verificasse durante le fasi di produzione di idrocarburi con conseguente irrimediabile inquinamento delle falde idriche.

2 - Il sito in cui doveva essere realizzato il Pozzo S. Michele 1, così come tutti i Monti della Maddalena ubicati in destra orografica del fiume Tanagro, si trova nella fascia a più elevato rischio sismico qualora si verifichi un evento sismico simile a quello del 1857; il rischio è connesso alla probabile rotazione di blocchi rocciosi lungo assi suborizzontali e allo spostamento verticale di blocchi contigui. Effetti geologici simili sono stati rilevati e documentati da vari autori in seguito all'evento sismico del 1980.
Anche in seguito agli eventi sismici recenti del settembre-ottobre 1997, caratterizzati da magnitudo inferiore a quella degli eventi del 1980 e 1857, tra Umbria e Marche si sono rilevati spostamenti verticali tra blocchi rocciosi contigui lungo una ampia fascia larga vari chilometri, come è stato ampiamente documentato dal Prof. Giuseppe Cello dell'Università degli studi di Camerino durante il Convegno Nazionale Geoitalia 97 tenutosi all'inizio di ottobre del corrente anno a Bellaria di Rimini.

La rotazione di blocchi o lo spostamento verticale tra blocchi contigui potrebbe determinare seri inconvenienti alle tubazioni infisse nel sottosuolo per circa 4000 metri. I problemi gravi si avrebbero in fase di produzione di idrocarburi con probabili rotture delle tubazioni e fuoriuscita di fluidi nel sottosuolo che potrebbero inquinare gravemente le falde idriche.

Le vitali falde idriche vanno tutelate accuratamente per cui il parere dello scrivente è che vada evitato qualsiasi intervento che comporti anche una sola probabilità di arrecare inquinamento alle strategiche risorse idriche sotterranee.

Lo scontro si concluse in tribunale con una vittoria della Comunità locale per cui il pozzo esplorativo fu bloccato.

Dopo 15 anni si ripropone il probelma

La richiesta di perforazione del Pozzo S. Michele 1 aveva evidenziato una situazione del tutto nuova in quanto gettò luce sul fatto che possono entrare in conflitto gli usi di due importanti risorse: l'uso potabile, agricolo e industriale dell'acqua degli acquiferi superficiali e l'estrazione degli idrocarburi profondi.

Dal momento che allo stato attuale le leggi possono consentire di avviare interventi "nuovi", il cui impatto sul territorio può essere di non facile valutazione mancando esperienze precedenti, che possono determinare inquinamento delle falde e considerando che vanno utilizzate correttamente tutte le risorse naturali, andrebbero individuati gli opportuni rimedi legislativi e tecnici per consentire un armonico sviluppo di tutto il territorio evitando di avviare interventi che potrebbero irrimediabilmente danneggiare le strategiche risorse idriche.

Lo scrivente ritiene che sarebbe un errore imperdonabile provocare l'inquinamento di risorse idriche strategiche rinnovabili, destinate a persistere in eternità sul territorio e quindi a disposizione di tutte le generazioni umane future, in seguito ad una non completa e corretta valutazione dei rischi connessi all'estrazione degli idrocarburi; va considerato, inoltre, che la conoscenza dei problemi ambientali connessi alle azioni dell'uomo deve consentire di adottare ubicazione delle perforazioni tali da non danneggiare le risorse idriche.

Oggi si assiste ad una nuova mobilitazione nel Vallo di Diano in seguito all’avviso emanato da un nuovo gruppo di società petrolifere che sono state autorizzate a svolgere ricerche geologiche e geofisiche e un eventuale pozzo esplorativo nelle stesse aree in destra orografica del fiume Tamagro.

E' parere dello scrivente che gli aspetti geoambientali connessi alla ricerca di idrocarburi con l’esecuzione di un pozzo sperimentale nel Vallo di Diano rappresentino un " Caso di importanza nazionale ".

E' parere dello scrivente che le ricerche mediante trivellazione andrebbero sospese per dare l'opportunità a tutte le Istituzioni interessate, da quelle locali a quelle centrali, di mettere a punto i necessari interventi con cui portare avanti la ricerca e l'uso delle risorse naturali e ambientali con la più assoluta garanzia di preservazione e tutela delle risorse idriche.

Prof. Franco ORTOLANI    
19 febbraio 2012