AI PARLAMENTARI
DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Gentile Parlamentare,
con il presente appello il Coordinamento Nazionale NO TRIV
intende significare il sentimento di forte preoccupazione che pervade le
organizzazioni presenti in seno al Coordinamento.
Dalla Sicilia alla Lombardia, dall’Abruzzo all’Emilia si
guarda con sfiducia alle scelte che il Governo e il Parlamento in carica si
apprestano ad effettuare, in perfetta continuità con quelle infelici del
recente passato.
Trattasi di scelte non condivisibili, quali l’evidente
legittimazione ex post della Strategia Energetica Nazionale (SEN),
che, approvata con decreto interministeriale l’8 marzo scorso in assenza di
qualunque riferimento normativo, è stata richiamata dal Documento di Economia e
Finanza approvato di recente dal Senato e che, a sua volta, confluirà nella Legge
di Stabilità per l’Esercizio 2013.
I rilievi critici che il Coordinamento muove alla SEN
investono, tuttavia, anche i contenuti della strategia; ad esempio, le linee di
azione individuate nel documento e ciò che “naturalmente” ne deriva:
l’inadeguatezza degli strumenti previsti rispetto all’obiettivo dato di un
incremento dei livelli di efficienza energetica; la penalizzazione delle fonti
rinnovabili; il rilancio della produzione di energia elettrica e termica dalle
fonti fossili che in Italia godono ogni anno di sussidi per oltre 9 milioni di
euro – di cui ben 1,6 circa destinati alle “trivelle” – malgrado il Fondo
Monetario Internazionale abbia ribadito come tali sussidi aggravino i bilanci
pubblici, spiazzino la spesa pubblica prioritaria, inducano effetti distorsivi
sui consumi, accelerino l'esaurimento delle risorse naturali, rallentino il
tempo di rientro degli investimenti in progetti di efficientamento energetico e
la diffusione delle fonti rinnovabili.
Pesa come un macigno sui precari equilibri ambientali e
socio-economici di alcune aree della Penisola la pesante eredità lasciata dal
Governo Monti con la legge di conversione del c.d. Decreto Sviluppo. Il
riferimento è qui ai suoi articoli 35 e 38, dei quali il Coordinamento
nazionale NO TRIV e tutte le associazioni ecologiste in esso presenti ne
chiedono ripetutamente da tempo l’abrogazione. D’altra parte, non sono mancate,
in tal senso, proposte di legge presentate da esponenti di diversi partiti
politici, così come interrogazioni e risoluzioni.
Allo stesso modo, le Regioni e gli enti locali interessati
più da vicino dal rilancio delle attività di ricerca, prospezione e
coltivazione di idrocarburi hanno manifestato la loro netta contrarietà alle
scelte effettuate con l’art. 35 del c.d. Decreto Sviluppo ovvero ad una deriva
antistorica e di dubbia utilità dal punto di vista dell’alleggerimento della
bolletta energetica delle famiglie, delle imprese e delle pubbliche
amministrazioni.
Per queste ragioni, il Coordinamento nazionale NO TRIV si
rivolge ai membri del rinnovato Parlamento affinché:
1) venga esercitata
un’efficace azione di moral suasion nei confronti dell’Esecutivo
perché si arrivi in tempi brevi all’approvazione di un decreto-legge che
modifichi l’art. 35 del c.d. Decreto Sviluppo per la parte relativa alla
riattivazione dei procedimenti di autorizzazione che erano in itinere al tempo
dell’entrata in vigore del c.d. Decreto Prestigiacomo (2010) e che disponga
l’abrogazione dell’art. 16 del c.d. Decreto Liberalizzazioni, convertito nella
legge n.° 27 del 24.3.2012, con cui si prevede che una parte delle entrate
dello Stato sia destinata alla ricerca e allo sviluppo delle fonti energetiche
fossili tentando di rendere socialmente accettabile la trasformazione in
distretti minerari di vaste aree del Paese. Ciò in attesa di porre mano alla
definizione di una disciplina organica delle attività di ricerca, prospezione
ed estrazione degli idrocarburi sia liquidi sia gassosi, più rispettosa dei
vincoli posti dall’ordinamento dell’Unione europea e di governo dell’energia in
chiave transnazionale;
2) si presenti e si
approvino opportuni emendamenti affinché la SEN non confluisca nella Legge di
Stabilità 2013 e venga riconsiderata in un’ottica di concreta e non di solo
asserita sostenibilità.
A tal proposito, il Coordinamento nazionale NO TRIV ritiene
non condivisibile, anche sotto il profilo economico e di un’auspicabile
ritrovata competitività del Sistema Paese, l’opzione strategica effettuata con
la SEN in favore del rilancio delle fonti fossili a scapito di quelle “pulite”
e rinnovabili; l’individuazione di cinque poli di sviluppo minerario in Italia
(che interessano in tutto o in parte i territori dell’Abruzzo, della Sicilia,
dell’Emilia-Romagna, della Lombardia e della Basilicata); lo scarso coraggio
dimostrato dal precedente Esecutivo nel non sostenere il raggiungimento di più
ambiziosi traguardi di efficientamento energetico;
3) non si
raccolgano sollecitazioni ed appelli, chiaramente di parte, allo sfruttamento
non sostenibile delle risorse di gas non convenzionale in Italia.
Ciò che, a nostro avviso, risulta inaccettabile è l’idea che
si possa restituire potere d’acquisto alle famiglie e competitività alle
imprese rilanciando la produzione di idrocarburi “made in Italy”, piuttosto che
promuovendo l’efficientamento energetico e la diffusione dell’eco-innovazione,
anche attraverso soluzioni premianti, all’interno del sistema delle imprese,
delle pubbliche amministrazioni, del comparto edilizio e dei trasporti.
Questa visione anacronistica del futuro energetico del
nostro Paese risulta rafforzata anche da un certo vento “negazionista” che
sembra voler far passare in secondo piano l’importanza, anche sotto il profilo
economico, delle azioni di contrasto al cambiamento climatico in atto nel
Pianeta.
Nell’ottica dell’obiettivo della carbonizzazione che
l’Italia ha concordato in sede europea, non si può non considerare che quasi il
75% dell’effetto serra è oggi dovuto all’impiego di combustibili fossili.
Occorre portare, dunque, al centro di una SEN rinnovata, con un più lungo
orizzonte temporale (fino al 2030) ed ampiamente partecipata secondo il modello
francese, le politiche di sviluppo dell’efficienza energetica e delle
produzioni da fonti rinnovabili.
Come dimostrato in un recente Paper elaborato dal
Coordinamento FREE, adottando opportuni correttivi nel 2030 è possibile
raggiungere l’obiettivo minimo di copertura del 30% dei consumi energetici con
produzione da fonti rinnovabili, suscettibile di incremento fino al 50% del
fabbisogno elettrico, al 50% del fabbisogno termico ed al 30% del fabbisogno
relativo ai trasporti.
Sulla necessità di far leva sull’efficientamento energetico
è molto netta anche la posizione di Confindustria che stima come ''il
complesso delle misure di efficienza energetica nei vari settori industriali
porterebbe a un risparmio potenziale tra il 2010 e il 2020 pari a circa 72 Mtep
di energia, per raggiungere il quale si attiverebbe un impatto socio-economico
di circa 130 miliardi di euro di investimenti, un aumento della produzione
industriale di 238 miliardi di euro ed una crescita occupazionale di oltre 1,6
milioni di unità di lavoro”. Il che, a nostro avviso, andrebbe fatto nel
breve termine e senza ulteriori indugi allo scopo di raggiungere risultati che
vanno ben oltre le più rosee previsioni di ricaduta che per molti hanno
costituito la ragione prima dell’approvazione del richiamato art. 16 del c.d.
Decreto sulle liberalizzazioni.
“L’efficienza energetica è un'opportunità di crescita per il
sistema Paese e le sue industrie”: non siamo noi a dirlo ma il Vicepresidente
per lo Sviluppo Economico di Confindustria, Aurelio Regina. Il Coordinamento
NO TRIV condivide, sottoscrive e “rilancia” queste dichiarazioni, senza intenti
provocatori, ma per invitare ad una riflessione: 72 Mtep di energia
rappresentano circa il 7% del nostro fabbisogno energetico, come gas e greggio
messi assieme. Perché, dunque, l’Esecutivo in carica e la maggioranza che lo
sostiene intendono dare continuità al disegno del precedente Governo in materia
di rilancio delle attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi nel
nostro Paese?
Per realizzare gli obiettivi dell’efficientamento e della
crescita delle “rinnovabili” occorre dotare il sistema energetico nazionale di
una governance più efficiente e al contempo più rispettosa delle
competenze che la Costituzione attribuisce alle Regioni.
Da questo punto di vista, anche l’idea che il Titolo V della
Costituzione debba essere riscritto, riportando in capo allo Stato la materia
dell’energia, può dirsi condivisibile solo a condizione che la riforma
costituzionale – ventilata ormai da più parti – consenta alle Regioni italiane
di partecipare fattivamente alle scelte effettuate dallo Stato. Questa
condizione sconta una necessaria trasformazione dell’attuale Senato della
Repubblica in Camera delle Regioni ed anche una più chiara distribuzione delle
competenze legislative e delle funzioni amministrative, cancellando
definitivamente dalla Carta costituzionale la c.d. “competenza concorrente”
(l’art. 117 Cost.), che, com’è noto, non ha mai dato buona prova di sé.
Tutto quanto sopra premesso, il Coordinamento Nazionale NO
TRIV si rende disponibile ad apportare il proprio contributo di proposte, e
senza pregiudiziali verso alcuna forza politica, al fine dichiarato di
concorrere alla fattiva costruzione di un nuovo modello economico, più equo,
competitivo e solidale, di cui il Paese ha impellente necessità per restituire
a famiglie ed imprese un clima di certezza, fiducia e stabilità e, quindi, la
prospettiva di una migliore qualità della vita.
Siamo certi dell’attenzione con cui vorrà considerare la
presente lettera e cogliamo l’occasione per porgerLe i nostri più cordiali
saluti.
3 giugno 2013
IL COORDINAMENTO NAZIONALE NO TRIV